La Camera,
premesso che:
il settore dei trasporti è centrale nella crescita economica e sociale di un Paese. La relazione tra trasporti e sviluppo è innegabilmente bidirezionale: da un lato, un’adeguata offerta di servizi di trasporto è di fondamentale rilevanza per lo sviluppo dei mercati e del tessuto produttivo ed industriale; dall’altro lato, la performance dell’economia influisce sulla domanda di trasporto e di mobilità di imprese e cittadini, sia in termini di quantità, sia per quanto riguarda le scelte modali;
un sistema di trasporto efficiente consente di creare nuovi mercati e di potenziare quelli esistenti; costituisce, pertanto, una leva essenziale per favorire e sostenere una crescita economica forte, creatrice d’occupazione e di ricchezza, un sistema poco efficiente, o inefficiente, al contrario, riduce le possibilità di raggiungere nuovi mercati, allontana l’orizzonte degli scambi, comprime la capacità produttiva, limita le potenzialità di crescita economica e sociale;
il «Secondo rapporto annuale al Parlamento dell’Autorità di regolazione dei trasporti (ART)», presentato nel luglio 2015, sottolinea come il sistema dei trasporti in Italia stenti ad uscire dal periodo di sofferenza indotto dalla crisi, riconducendo tale difficoltà ad alcune criticità di cui soffre il settore nazionale, tra le quali la limitata interconnessione tra le infrastrutture di trasporto, la loro scarsa capacità di fare rete in modo integrato e sistemico e la presenza di barriere all’entrata per l’offerta di servizi di trasporto;
il settore dei trasporti italiano (aereo, marittimo, terrestre e tramite condotte e vie d’acqua) ha prodotto nel 2013 un valore aggiunto di 34.654 milioni di euro, in contrazione rispetto al 2012 dell’1,7 per cento, con un peso del 2 per cento del prodotto interno lordo. A determinare questa diminuzione è principalmente il settore delle merci, che mostra un peggioramento rispetto al 2012 e raggiunge nel 2013 minimi storici dal 2005. Segnali positivi si ricevono invece dal comparto passeggeri, che nel 2013 presenta, dopo la forte contrazione del 2012, una significativa ripresa in controtendenza rispetto all’andamento del prodotto interno lordo e dell’analogo indicatore relativo al trasporto merci;
i dati italiani sono simili a quelli europei con l’eccezione che nel mercato italiano il trasporto passeggeri mostra un peso superiore rispetto a quello delle merci;
a questo riguardo, nel citato rapporto dell’ART si evidenza che in relazione alle modalità di trasporto, in Italia ci si sposta prevalentemente con veicoli privati su strada (78,9 per cento del traffico rilevato), mentre le percentuali delle altre modalità di trasporto rimangono pressoché costanti, a parte l’incremento del 6,4 per cento dei trasporti collettivi urbani, riconducibile in larga parte alla situazione di crisi economica, anche se la domanda di tale modalità rimane sempre a livelli molto bassi (il 2,2 per cento dell’intero traffico interno di passeggeri in Italia);
relativamente ai trasporti collettivi extraurbani, la strada (90,9 miliardi di passeggeri-chilometro per il 2013, pari al 10,8 per cento) prevale ancora sulle ferrovie (5,6 per cento), il cui ruolo assume comunque ancora oggi una notevole importanza nell’ambito di tale tipologia di trasporto;
il rapporto della popolazione italiana con il trasporto ferroviario non può essere definito idilliaco. In relazione alla popolazione, infatti, l’Italia si colloca in ultima posizione su scala europea: mediamente un italiano percorre in treno in media in un anno il 20 per cento in meno di chilometri di un cittadino tedesco, poco più del 50 per cento di uno francese ed il 33 per cento dei chilometri percorsi da uno elvetico. Per quanto riguarda le merci, il sistema di trasporto nazionale è decisamente sbilanciato sul trasporto su gomma, mentre la quota di traffico effettuato tramite ferrovia si attesta intorno al 6 per cento;
la rete ferroviaria italiana presenta un’estensione di 17.000 chilometri, di cui 67 chilometri di rete estera. Le linee fondamentali costituiscono il 38 per cento della rete (6449 chilometri), quelle complementari il 56 per cento (9331 chilometri) e quelle di nodo il 6 per cento. Inoltre le linee a doppio binario rappresentano il 45 per cento della rete totale, mentre il restante 55 per cento è costituito dalle linee a semplice binario. Il 71 per cento delle linee risulta essere elettrificato, di cui il 62 per cento è rappresentato da linee a doppio binario e il 38 per cento da linee a semplice binario. Pertanto, le linee a trazione diesel e, di conseguenza, non elettrificate coprono il restante 29 per cento della rete. Per quanto riguarda, invece, la lunghezza dei binari, pari a 24,299 chilometri, è costituita da 22,949 chilometri di linea convenzionale, mentre la restante parte, 1.350 chilometri dalla linea Alta Velocità (AV);
le reti regionali non si distribuiscono uniformemente lungo il territorio nazionale, essendo particolarmente estese nell’Italia Meridionale, mentre è l’Italia Centrale a detenere la minor estensione regionali;
rispetto al complesso della rete nazionale e locale, tuttavia, il Mezzogiorno risulta penalizzato da un’infrastruttura meno efficiente, dal momento che il 64 per cento della sua rete è a binario singolo e non elettrificata;
l’Italia, insieme alla Francia, è stata un precursore del settore AV in Europa: nel 1977 fu il primo Paese europeo ad inaugurare una linea ad alta velocità (la Direttissima Roma-Firenze) e, di fatto, fino al 1990, i due Paesi sono rimasti gli unici ad essersi dotati di infrastrutture AV. Una spinta innovativa che, purtroppo, ha avuto una battuta d’arresto: con una rete di soli 923 chilometri il nostro Paese possiede la quarta infrastruttura alta velocità europea. Lo scarso livello di investimenti effettuato in Italia nel decennio tra il 1990 e il 2000 ha fatto perdere al nostro paese la posizione di testa che possedeva nel decennio precedente; di fatto in Italia si è ricominciato a sviluppare la rete alta velocità solo a partire dal 2005, con ritmi crescenti fino al 2009, senza però riuscire a colmare il ritardo infrastrutturale accumulato negli ultimi 20 anni;
gli indicatori non restituiscono un quadro positivo neppure per quanto riguarda il trasporto di merci: il numero di tonnellate trasportate su rotaia per le relative percorrenze ha subito, infatti, dal 2007 al 2011 un crollo del 21,7 per cento, passando da 25,285 (dato record, nella storia delle ferrovie italiane) a 19,787 miliardi di tonnellate chilometro. Il comparto sconta sicuramente il difficile andamento dell’economia nazionale, dal momento che serve un bacino essenzialmente locale, ma le sue difficoltà sono legate anche al giudizio negativo degli operatori del settore logistico internazionale. Come evidenziato da un’indagine della Banca d’Italia del 2011, infatti, il sistema ferroviario italiano è considerato inadeguato sia per dotazione infrastrutturale, sia per offerta di servizi in termini di tempi e costi, rappresentando uno svantaggio competitivo fondamentale rispetto ad altre modalità o reti di trasporto;
a partire dagli anni ’90, anche in adempimento alla normativa europea che richiedeva la separazione tra il gestore dell’infrastruttura e il principale operatore ferroviario, il settore in Italia è stato avviato verso una maggiore liberalizzazione al fine di favorire una crescente concorrenza e più alto grado di qualità dei servizi offerti all’utente, realizzata anche attraverso la trasformazione in società per azioni dell’azienda monopolistica;
sotto la spinta delle indicazioni comunitarie, di vincoli di bilancio pubblico sempre più stringenti e delle innovazioni tecnologiche, anche in Italia, come nel resto d’Europa, sono state messe in discussione le tradizionali politiche di gestione dei cosiddetti servizi pubblici, incluso il settore del trasporto;
nel settore del trasporto ferroviario, in particolare, al fine di disegnare nuovi mercati concorrenziali – dove, anche a vantaggio dell’utenza, una molteplicità di soggetti si confronta nell’offerta di quei servizi tradizionalmente gestiti da imprese pubbliche in regime di monopolio legale – si è venuto delineando uno scenario normativo nazionale in materia che, tuttavia, non sempre si è dimostrato efficace ed organico, poiché – in assenza di un quadro di riferimento programmatico e di lungo termine – è risultato caratterizzato principalmente da provvedimenti di recepimento di direttive europee e di interventi di natura urgente e straordinaria;
un quadro regolamentare poco chiaro del quale fa le «spese» in maniera più pesante, il trasporto pubblico locale ferroviario, il quale in Italia è caratterizzato da situazioni evidenti di sottocompensazione e di incertezza delle risorse ad esso destinate;
il trasporto pubblico locale ferroviario, proprio per la sua connotazione storica e per la sua capillare diffusione sul territorio è una delle componenti più importanti del sistema ferroviario nazionale e coinvolge ogni giorno circa 10 milioni di passeggeri;
l’Italia è fra i Paesi europei in cui il trasporto pubblico locale ferroviario è meno remunerativo in quanto i ricavi da traffico e i corrispettivi per passeggero-chilometro sono particolarmente bassi. I ricavi da traffico sono infatti rispettivamente inferiori del 50 per cento rispetto alla Francia, e alla Germania, mentre i ricavi da contribuzione pubblica sono inferiori in unrange tra il 20 per cento e il 30 per cento. Tale situazione, protratta nel tempo, ha influenzato la quantità e la qualità del servizio offerto e le performance economiche e reddituali delle imprese ferroviarie;
dal 2000 le regioni hanno la piena responsabilità per quanto riguarda le politiche in materia di servizio ferroviario locale, subentrando allo Stato nel ruolo di interlocutore con i diversi concessionari che operano il servizio regionale, e dal 2001 hanno avuto trasferite le risorse, già destinate al finanziamento del servizio ferroviario locale;
l’obiettivo di tale decisione era ovviamente quello di attribuire al soggetto istituzionale più vicino al cittadino il recepimento delle esigenze degli utenti e l’individuazione delle modalità più idonee per la loro soddisfazione, anche attraverso lo stimolo di una maggiore concorrenza fra i diversi operatori che – attraverso lo strumento del contratto di servizio – gestiscono il servizio ferroviario locale;
il quadro normativo vigente non ha permesso che tale obiettivo fosse pienamente raggiunto, motivo per cui ad oggi nella disciplina per l’assegnamento del servizio ferroviario regionale, rimane sostanzialmente di fatto attenuato l’obbligo di affidamento con procedure concorsuali (con prevalenza di affidamenti in house piuttosto che di gare pubbliche, come segnalato da uno studio di Cassa depositi e prestiti);
una vicenda normativa autonoma, anch’essa particolarmente complessa, è rappresentata dai profili concernenti il finanziamento del trasporto pubblico locale, dunque anche quello ferroviario, regolamentato attraverso gli anni con disposizioni non sempre chiare – se non addirittura contraddittorie – nei loro obiettivi;
dalla definizione di un quadro stabile e certo delle risorse disponibili per un periodo adeguato alla programmazione dei servizi e degli investimenti, dipenderà il successo del processo di liberalizzazione del settore;
al tema del finanziamento del settore del trasporto ferroviario locale sono strettamente connessi quello degli investimenti in infrastrutture, quello dei ricavi da traffico e, non ultimo, quello della sicurezza;
è indubbio, infatti, che l’elevata anzianità media, che per le locomotive è pari a 26 anni, con punte massime di anzianità che superano i 60, e per gli elettrotreni è pari a 23 anni con punte sino a 39 anni, abbia una ripercussione sui costi di manutenzione del materiale e contribuisca a disincentivare l’utilizzo del treno da parte del viaggiatore anche rispetto ad offerte differenti che sono presenti sul mercato;
il tema del rinnovo del parco veicoli si pone anche dal punto di vista della sua sostenibilità ecologica, ed in questo quadro sarebbe dunque auspicabile, l’introduzione di misure di medio-lungo termine finalizzate ad un ribaltamento della convenienza attuale dell’utilizzo del trasporto su gomma a favore di quello su ferro;
alla riduzione dei trasferimenti statali al settore ha fatto seguito una generale tendenza sia delle regioni sia degli enti locali a rivedere al rialzo i titoli di viaggio, aumento in seguito al quale tuttavia non si è registrato un innalzamento della qualità del servizio di trasporto ferroviario urbano e regionale;
i rapporti annuali delle associazioni dei pendolari rilevano un continuo declino della qualità percepita (comfort, pulizia dei veicoli e sicurezza delle stazioni) e di quella erogata (puntualità e frequenza del servizio);
il rapporto Pendolaria, redatto annualmente da Legambiente, restituisce una fotografia impietosa quanto veritiera delle condizioni barbare e non dignitose in cui giornalmente sono costretti a viaggiare i 3 milioni di cittadini che per ragioni di studio o di lavoro devono spostarsi con il treno;
nel rapporto citato, relativo all’anno 2015, viene stilata – altresì – una graduatoria delle linee ferroviarie peggiori o infernali: quest’anno l’ambito riconoscimento è stato assegnato alla linea Roma-Lido, mentre nel 2014 – e per il terzo anno consecutivo – il «premio Caronte» (drammatico e sarcastico richiamo al traghettatore di anime in pena) era stato vinto dalla linea Roma-Nettuno;
non ci sono, tuttavia, pendolari più fortunati di altri, anzi è vero il contrario: ci sono pendolari più sfortunati di altri, in tutte le regioni, da nord a sud di un Paese che da questo punto di vista non sembra fare discriminazioni fra i suoi cittadini. Oltre a quelli che viaggiano sulla già citata linea Roma-Lido, ci sono i pendolari delle linee: l’Alifana e Circumvesuviana in Campania, la Chiasso-Rho, la Verona-Rovigo, la Reggio Calabria-Taranto, la Messina-Catania-Siracusa, Taranto-Potenza-Salerno, la Novara-Varallo, la Orte-Foligno-Fabriano e la Genova-Acqui Terme;
il nuovo indirizzo comunitario sulle politiche di trasporto mette nuovamente in luce le opportunità legate al rilancio delle città e alla necessità di investire in modo prioritario sui contesti urbani piuttosto che sui corridoi;
nella nuova visione europea dei trasporti, infatti, sarà centrale intercettare le priorità di azioni delle istituzioni dell’Unione europea, che, stando agli atti normativi e di programmazione da esse adottati, riguardano proprio le città, aree strategiche per il rilancio dell’economia europea, ma anche ambiti all’interno delle quali si manifestano i più rilevanti fenomeni di congestione, inquinamento ed incidentalità stradale;
come è evidente, dunque, le azioni specificamente rivolte al rilancio del trasporto pubblico locale, quello ferroviario in particolare, sono strettamente connesse all’ambito più ampio di una politica per la mobilità sostenibile, finalizzata al perseguimento di tre obiettivi essenziali: la sicurezza, l’efficienza degli spostamenti (in termini non soltanto di costi monetari, ma anche di costi-opportunità, a partire dall’impiego di tempo) e la riduzione dell’impatto ambientale;
una politica per la mobilità, con particolare riferimento alla mobilità urbana, può trarre consistenti benefici dalle innovazioni nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. La normativa dell’Unione europea ha già da qualche tempo rivolto una specifica attenzione ai sistemi di trasporto intelligenti, vale a dire alle modalità di applicazione delle innovazioni tecnologiche al piano della mobilità;
una politica di rilancio del trasporto pubblico locale dovrebbe in primo luogo contenere al proprio interno azioni mirate al coordinamento tra le diverse modalità con cui il trasporto pubblico è effettuato; ciò vale, in particolare, per i servizi su ferro e su gomma, per i quali si rende spesso evidente l’esigenza di un’integrazione della programmazione dei servizi che coinvolga, oltre ai gestori, anche regioni ed enti locali, in ragione delle rispettive competenze sulle due modalità di trasporto. In secondo luogo, la politica per il trasporto locale dovrebbe associarsi a specifiche azioni per favorire l’utilizzo «misto» del mezzo privato e del mezzo pubblico;
in quest’ottica dovrebbero essere considerate anche le iniziative per incentivare servizi alternativi al mezzo individuale, quali il car sharing, car pooling, bike sharing: lo sviluppo di tali servizi dovrebbe essere agevolato sia dal lato della domanda, attraverso azioni di stimolo nei confronti di potenziali utenti, sia dal lato dell’offerta, attraverso il miglioramento dell’organizzazione dei servizi e l’apertura alla concorrenza (in luogo dell’esclusiva a vantaggio dell’azienda titolare del servizio di trasporto pubblico);
sull’assetto normativo del settore del trasporto pubblico locale, infine, si auspica un impatto positivo dell’avvio dell’attività dell’Autorità di regolazione dei trasporti. Tra i compiti dell’Autorità, come definiti dall’articolo 37 del decreto-legge n. 201 del 2011 (come modificato dal decreto-legge n. 1 del 2012, rientrano infatti quelli di: definire i criteri per la fissazione delle tariffe, stabilire le condizioni minime di qualità dei servizi di trasporto locali connotati da oneri di servizio pubblico, definire gli schemi dei bandi delle gare per l’assegnazione dei servizi di trasporto,
impegna il Governo:
a valutare l’opportunità di predisporre, per quanto di competenza, tempestive iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate ad assicurare un finanziamento pubblico adeguato e stabile al settore, esplorando anche la possibilità di attingere ai fondi strutturali europei, al fine di realizzare una visione integrata tra trasporto pubblico e territorio urbano;
a valutare l’opportunità di predisporre iniziative, anche di carattere normativo, relative alle modalità di affidamento del servizio, perseguendo l’obiettivo primario di determinare un aumento dell’efficienza gestionale delle aziende affidatarie e del livello di qualità dei servizi da esse resi, stimolando, altresì, processi di aggregazione tra tali aziende che ne facilitino la crescita dimensionale;
a valutare l’opportunità di realizzare iniziative specifiche per favorire, anche con provvedimenti di carattere economico-finanziario, il trasporto pubblico locale ferroviario nell’ambito più ampio di una politica per la mobilità sostenibile finalizzata al perseguimento di tre obiettivi essenziali: la sicurezza, l’efficienza degli spostamenti (in termini non soltanto di costi monetari, ma anche di costi-opportunità, a partire dall’impiego di tempo) e la riduzione dell’impatto ambientale;
a favorire, per quanto di sua competenza, il rilancio di una politica per il trasporto pubblico locale che preveda anche azioni mirate a promuovere: il coordinamento delle diverse modalità con cui il trasporto pubblico è effettuato, l’utilizzo «misto» del mezzo privato e del mezzo pubblico, incentivandone sia la domanda che l’offerta, e, con particolare riguardo alla sicurezza, infine, l’impiego di sistemi di trasporto intelligenti, vale a dire le modalità di applicazione delle innovazioni tecnologiche al piano della mobilità, svolgendo, per quanto di competenza, un’opportuna attività di coordinamento dei diversi piani regionali;
a predisporre, nell’ambito delle proprie competenze, tempestive ed idonee iniziative per superare in maniera definitiva le criticità accennate in premessa con riferimento alla situazione del trasporto pubblico locale ferroviario delle dieci linee peggiori del Paese.
(1-01161) «Fauttilli, Baradello, Caruso, Fitzgerald Nissoli, Gigli, Sberna, Dellai».