Dopo il calo delle immatricolazioni registrato nel mese di settembre, causato dalle incertezze legate all’introduzione del tachigrafo smart di seconda generazione, il mercato dei veicoli industriali torna a crescere ad ottobre, registrando 2.225 unità immatricolate contro le 2.182 del 2022 (+2,0%). Chiudono il mese in positivo tutte le fasce di peso: il comparto dei veicoli pesanti di massa uguale o superiore alle 16 t segna un lieve avanzo dello 0,5%, mentre crescono a doppia cifra sia il segmento dei leggeri sotto le 6 t (+17,6%) sia i veicoli medio-leggeri sotto le 16 t, con un aumento dell’11,0%. Nei primi dieci mesi dell’anno, il dato aggregato fa segnare il +16,0% rispetto allo stesso periodo del 2022, con il comparto dei veicoli pesanti a + 17,0% e un incremento di oltre 3.000 unità in volume. “Il mercato restituisce un dato positivo, superando le incertezze relative ai cronotachigrafi di ultima generazione che hanno fortemente condizionato gli ultimi tre mesi – ha commentato Paolo A. Starace, Presidente della Sezione Veicoli Industriali dell’UNRAE- auspichiamo che, dopo la battuta d’arresto di settembre, il mercato riprenda il trend di crescita segnato ad inizio 2023, sebbene l’attuale quadro macroeconomico prefiguri prospettive poco favorevoli per la fine dell’anno e per il 2024”. Alla luce di tale contesto, si rinnova ancora una volta da parte di UNRAE la richiesta di sostenere in maniera strutturata il comparto con un Fondo pluriennale ad hoc che incentivi il rinnovo del parco con mezzi sempre più efficienti e sicuri per un futuro a zero emissioni. “Come preannunciato con la proposta corale della filiera dell’automotive e dell’autotrasporto, ribadiamo l’urgenza di misure di carattere strutturale che prevedano l’adozione di un piano di efficientamento a favore delle imprese per traguardare la concreta transizione del settore in direzione di una trasformazione sostenibile, innovativa e competitiva del trasporto merci, in linea con il principio di neutralità tecnologica, da intendere come pluralità di soluzioni che convergano verso gli obiettivi di decarbonizzazione. A tale proposito – ha concluso Starace- accogliamo con favore l’apertura del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti verso un confronto con le rappresentanze associative per identificare nuovi meccanismi di sostegno agli investimenti e nel ringraziare il Viceministro Rixi per le sue parole rimaniamo in attesa di un invito per sederci al Tavolo e discuterne insieme”.
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La pandemia ha spinto lo shopping online e ha aumentato la quantità dei prodotti resi. Con una serie di problemi a cascata: una riduzione delle vendite per le aziende (secondo IfReturns, piattaforma Saas che si occupa di resi e cambi, circa il 20% degli acquisti online viene rimborsato); un aumento dei costi logistici (il costo operativo di un reso oscilla tra 8-12 euro) e un incremento dell’impatto ambientale. «Il costo più tangibile che l’azienda deve sostenere nella gestione di un reso è il trasporto – spiega Marcello S. Valerio, fondatore e ceo di If Returns -, poi ci sono i costi operativi del magazzino e la “svalutazione” del prodotto». Una volta che viene riconsegnato nei tempi prestabiliti dalla legge (il Codice del consumo stabilisce un limite di 14 giorni per il recesso, ma molte piattaforme e negozi arrivano a 30 e alcune anche a 100 giorni), il prodotto infatti deve essere esaminato, igienizzato, reimpacchettato e questo procedimento impiega spesso tempi lunghi, col rischio che una volta rimesso sul mercato il prodotto debba essere, per esempio, messo in saldo. Sempre secondo una stima di IfReturns i resi venduti a prezzo pieno sarebbero meno del 55% del totale. Quello che pesa di più sui conti delle aziende, tuttavia, secondo Valerio è «la mancata vendita, dovuta al fatto che molte persone quando rendono il prodotto chiedono direttamente il rimborso». Secondo una ricerca di IfReturns, infatti, la perdita di entrate che deriva dai rimborsi si può stimare in 800 miliardi di euro nella Ue. «Le aziende devono cercare di trasformare il rimborso in un cambio – che deve soddisfare il cliente perché il 92% altrimenti non comprerà più sul sito – oppure in una gift card. Per fare questo ci vuole un processo digitalizzato che offra diverse opzioni al momento del reso», chiosa Valerio. Diverso è il caso della restituzione in negozio, sempre gratuita, visto che alimenta gli ingressi in boutique (e quindi potenziali nuovi acquisti). Le aziende hanno deciso di affrontare la sfida dei resi in modo diverso. Innanzitutto parte dei costi di restituzione, per il ritiro al domicilio (che è la modalità più scelta dai clienti), sono stati scaricati sui consumatori che nel 74% dei casi, secondo IfReturns, oggi pagano 3,5-4 euro a reso. Questo non solo per i prodotti di lusso: marchi del fast fashion come Zara e H&M hanno introdotto costi di spedizione dei resi che in Italia si aggirano intorno ai 5 euro per il marchio del gruppo Inditex e di 2,99 euro per il colosso svedese, l’ultimo a introdurre questa tariffa (ma non per i membri registrati della community). Ma l’addebito del costo non è l’unico modo con cui i brand puntano a ridurre i capi rimandati indietro: i resi sono dovuti nel 45% a problemi di taglia e l’investimento in strumenti che aiutino l’utente a comprare la misura giusta è un altro driver. Lo raccontano le aziende stesse: «Nel 2022 abbiamo chiuso con un tasso di resi del 12% – spiega Vincenzo Troia, general manager di Giglio.com -, tra i più bassi del mercato». Le motivazioni sono molteplici: «La nostra logistica ha un doppio sistema di controllo qualità; la nostra scheda prodotto è dotata di strumenti di size prediction che aiutano il cliente a trovare la taglia corretta; infine applichiamo delle return fee al fine di disincentivare comportamenti seriali». Il manager conferma come i resi, dopo la pandemia, siano tornati a crescere, in primis per problemi di taglia: «Tipicamente l’abbigliamento è interessato da tassi di reso più alti, in particolare i pantaloni», conclude. Se la piattaforma italiana ha investito in tecnologia e logistica, ma ha anche scelto di imporre un costo di reso, Mytheresa.com (nato in Germania, ma con gli Usa come primo mercato) opera in un segmento di puro lusso e, come racconta il ceo Michael Kliger al Sole 24 Ore, ha «mantenuto i resi gratuiti per 30 giorni come elemento chiave del servizio». L’azienda ha un tasso di resi «storicamente del 34-35%. Germania e Usa sono noti per averli tradizionalmente alti», e conferma che, anche a causa del problema delle taglie, l’abbigliamento è in cima alla lista dei resi. L’obiettivo, conclude Kliger, è «ridurre la quantità di spedizioni, per tagliare le emissioni di gas». Anche Zalando nasce in un mercato (la Germania) avvezzo ad acquisti prima per corrispondenza e poi in Rete e quindi abituato al concetto di reso. Ma il fatto che «un capo su due venga restituito in media nei mercati in cui opera» e «un terzo dei resi complessivi sono legati alle taglie», ha spinto il colosso tedesco dell’ecommerce a sviluppare strumenti per ridurre i resi, lavorando anche con l’AI: «Ogni giorno ci muoviamo lungo questa direzione e miglioriamo i consigli sulla vestibilità e sulle taglie, le descrizioni degli articoli e ottimizziamo la presentazione dei prodotti – conferma Riccardo Vola, general manager Italy and Spain Zalando – . Al contempo continuiamo a lavorare a soluzioni come, per esempio, l’assistente di moda sviluppato da ChatGPT, grazie al quale i clienti possono porre domande usando parole ed espressioni proprie e navigare in modo più intuitivo». C’è poi chi, come Veepee, piattaforma francese di flash sales, ha deciso di gestire il “problema” resi tagliando i prezzi: il servizio Re-Turn, lanciato nel 2020 in Francia, è sbarcato da pochi giorni anche in Italia e Spagna. «Re-turn sta riscontrando un successo crescente. Dal suo lancio nel 2020, 702mila articoli tra i resi sono stati rivenduti attraverso il servizio, dandogli una nuova vita», spiega Valentina Corbetta, country manager Veepee Italia. Che racconta nello specifico come funziona il servizio: «Quando un prodotto viene restituito, l’utente Veepee riceve un’etichetta prepagata e porta il pacco in un punto di ritiro. Durante il suo transito, il prodotto viene automaticamente aggiunto alla piattaforma dedicata, Re-turn, ed è quindi nuovamente disponibile per la vendita. Quando trova un nuovo acquirente durante il transito, viene intercettato, controllato e reindirizzato al proprio domicilio o a un punto di ritiro».
Fonte Sole24ore venerdi 10 Novembre
L’indice europeo delle tariffe di trasporto merci su strada Upply x Ti x IRU mostra che l’indice delle tariffe spot si è spostato ulteriormente al di sotto dell’indice delle tariffe contrattuali nel terzo trimestre del 2023. L’indice spot è sceso per il quarto trimestre consecutivo, mentre l’indice spot dei contratti è aumentato per la prima volta dal quarto trimestre 2022. Nel terzo trimestre del 2023 l’indice spot si sposta ulteriormente al di sotto dell’indice contrattuale. Ciò significa ora che i tassi spot sono più vicini al livello base (primo trimestre del 2017) rispetto ai tassi contrattuali. L’indice del mercato spot è sceso per il quarto trimestre consecutivo, scendendo di 1,2 punti a 125,4, scendendo ora di 14,8 punti su base annua (YoY). La velocità del calo dei tassi a pronti è rallentata di oltre un terzo poiché i tassi a pronti iniziano a stabilizzarsi in risposta alla domanda che si stabilizza a un livello inferiore.Il tasso di mercato dei contratti è salito di 1,4 punti su base trimestrale (trimestrale) e si è attestato a soli -0,4 punti su base annua. La variazione del tasso contrattuale nel terzo trimestre del 2023 rappresenta il primo aumento dell’indice dal quarto trimestre del 2022, poiché le pressioni sui costi si stanno aggravando. La pressione a breve termine sul lato della domanda sul trasporto merci su strada continua a diminuire in tutto il continente. I consumatori che ora hanno meno reddito disponibile in termini reali stanno consumando meno beni, mentre le imprese stanno riducendo la produzione a fronte del calo della domanda. I dati Eurostat disponibili per il terzo trimestre del 2023 non mostrano cambiamenti trimestrali nel commercio al dettaglio europeo, ma un calo di 3,6 punti nel settore manifatturiero. Di conseguenza, la pressione complessiva sul lato della domanda per il trasporto merci su strada continua a diminuire, liberando capacità e consentendo un ulteriore calo delle tariffe.
Fonte: IRU
L’Europarlamento ha approvato i nuovi limiti per le emissioni inquinanti degli autoveicoli Euro7. Il testo approvato aggiunge ai consueti parametri anche le emissioni di microplastiche da parte di pneumatici e freni e una durata minima della batterie dei veicoli elettrici o ibridi. Per quanto riguarda le emissioni delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri, i parlamentari hanno confermato i valori della Commissione, aggiungendo una ripartizione supplementare delle emissioni in tre categorie per i veicoli commerciali leggeri in base al loro peso. Invece, per i veicoli industriali pesanti e per gli autobus propongono limiti più rigorosi (tranne per gli Nox, che sono due volte più elevati rispetto alla proposta originaria). Il testo prevede requisiti minimi di durata delle batterie per auto e furgoni più elevati di quelli proposti dalla Commissione. Rispetto alla proposta della Commissione, l’Europarlamento offre più tempo all’industria automobilistica per l’entrata in vigore dell’Euro7: le autovetture avranno tre anni di tempo per rispettare i nuovi limiti, dalla data di adozione di tutte le norme associate, mentre l’obbligo per i veicoli industriali dovrebbe entrare in vigore nel 2030. Rinvii sono previsti per i piccoli produttori di autoveicoli leggeri e pesanti.
“Priorità salute. Il welfare sanitario integrativo della filiera logistica italiana“, sono i temi di un un evento che si tiene oggi a Roma, organizzato da Sanilog, il fondo integrativo del Servizio Sanitario Nazionale dedicato al personale dipendente del settore logistica, trasporto merci e spedizione. Il presidente di Sanilog, Piero Lazzeri, ha definito questo incontro il primo momento di studio, analisi e dibattito sulla sanità integrativa nella filiera logistica, un’occasione di orgoglio per l’organizzazione. Il convegno riunirà un panel di esperti di alto livello per discutere l’importanza della tutela della salute dei dipendenti, considerati il vero motore del settore logistico.
Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha ridefinito, con due decreti in arrivo, la normativa dei centri di controlli privati e del regime autorizzativo degli ispettori deputati allo svolgimento di queste operazioni. Una novità importante è la concessione di un periodo transitorio di 18 mesi per adeguarsi alla normativa e richiedere l’autorizzazione come centro di controllo privato per le medesime attività di revisione, dopodiché non si potranno più espletare le attività riservate a tali centri di controllo privati autorizzati. Il nuovo decreto stabilisce che i centri 870 possono continuare ad operare fino al diciottesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto che dovrà fissare le nuove tariffe applicabili alla revisione dei veicoli pesanti presso i soggetti abilitati e che non è ancora stato adottato. Fino a quella data i controlli tecnici eseguiti presso i centri 870 sono effettuati alternativamente da ispettori autorizzati, da ispettori abilitati o ausiliari, questi ultimi anche per la revisione dei veicoli a motore capaci di contenere più di sedici persone compreso il conducente ovvero con massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 Ton destinati al trasporto di merci pericolose o deperibili in regime di temperatura controllata (ATP) e dei relativi rimorchi e semirimorchi, nel rispetto dell’abilitazione alle revisioni di cui gli stessi sono titolari. E’stato previsto anche un alleggerimento dei requisiti di idoneità dei centri di controllo: i locali destinati alle revisioni dei veicoli pesanti, devono avere una superficie minima totale non inferiore a 250 m², comprensiva del corpo di fabbrica principale e delle superfici dei locali ad uso ufficio, servizi ed altre pertinenze, che possono essere collocati anche in corpi di fabbrica distinti, purché all’interno dello stesso comprensorio; corpo di fabbrica principale, ove è posizionata la linea, o le linee, di revisione con: superficie non inferiore a 200 m² per ciascuna linea; larghezza lato ingresso non inferiore a 6 m; altezza non inferiore a 6,20 m se la linea è munita di ponte sollevatore, oppure non inferiore a 5,0 m se la linea è munita di fossa di ispezione; varchi per l’ingresso e l’uscita dei veicoli di larghezza e altezza non inferiori a 4,5 m; area di manovra esterna al corpo di fabbrica principale di superficie non inferiore a 600 m² comprensivi, eventualmente, anche delle superfici di aree di accumulo nella disponibilità dell’operatore autorizzato e situate nelle immediate vicinanze. Per quanto riguarda il decreto dirigenziale del 26 ottobre 2023 sugli ispettori dei centri di controllo privati, ci sono novità per il numero di veicoli revisionabili per seduta. Fermo restando il limite massimo di 24 veicoli al giorno/ispettore, si prevede che “una seduta di revisione di veicoli pesanti con ispettore autorizzato è accordata a condizione che siano prenotati non meno di dodici veicoli”.
Per consentire lo svolgimento di lavori per il miglioramento della sicurezza, in ottemperanza a quanto prescritto dall’art. 14 del regolamento di circolazione del Traforo, nelle notti indicate si applicherà la circolazione a senso unico alternato su tutta la lunghezza del Traforo o la chiusura totale come definito dallo schema in allegato. E’ quanto comunica Sitaf SPA che nell’allegato qui sotto definisce i particolari
La Divisione 7-Autotrasporto nazionale ed internazionale di merci Controlli, statistica e monitoraggio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, attraverso la circolare n. 24328 del 6 novembre 2023, ha ricordato che le autorizzazioni internazionali al trasporto di merci relative all’anno 2023 sono valide fino alla mezzanotte del 31 gennaio 2024 per tutti i Paesi ad eccezione di: Israele, Kyrgyzstan e Svizzera per i quali le autorizzazioni 2023 scadranno alla mezzanotte del 31 dicembre 2023.
Le nuove immatricolazioni in Italia nel mese scorso sono cresciute in maniera significativa rispetto allo stesso mese dello scorso anno (139.052 veicoli), ma la notizia positiva continua a non riguardare le auto a trazione elettrica che resta bassa. “I dati sul mercato dell’Unione europea mostrano chiaramente che la transizione energetica si arresta se vengono meno incentivi veramente significativi per l’acquisto di auto elettriche – ha dichiarato Gian Primo Quagliano, presidente del centro studi Promoter- è successo in Germania in settembre dove la quota dell’elettrico sulle immatricolazioni è del 18,1% grazie ad incentivi statali generosi. Che cosa succederà in Italia dove la quota dell’elettrico nel mese scorso è stata del 4,1% e dove i governi che si son succeduti negli ultimi anni hanno previsto incentivi all’acquisto di auto elettriche così ben congeniati che i relativi stanziamenti, per quanto modesti, sono rimasti in larga misura inutilizzati? Non è affatto scontato che i quindici mesi di crescita che ci lasciamo alle spale saranno seguiti da un’altra serie di crescite che ci riporteranno ai volumi di vendite necessari per impedire ulteriori invecchiamenti del parco auto, con il pericolo quindi di avere più inquinamento e meno sicurezza in una situazione in cui la transizione energetica acquisirà sempre più il carattere di un sogno irrealizzabile”. “Il settore dell’auto ha fatto tutto quello che gli è stato imposto dalla politica ed anche di più per creare le condizioni perché la transizione energetica diventi realtà. Ora la parola torna però alla politica”.
Le Ferrovie Federali Svizzere prevedono che la riapertura a pieno regime della galleria del San Gottardo non avverrà prima di settembre 2024. La previsione, che le FFS hanno diffuso attraverso una nota ufficiale deriva dalla costatazione che il deragliamento di un treno merci, avvenuto lo scorso 10 agosto 2023, ha causato danni molto più gravi di quanto si potesse ipotizzare in un primo momento. l’ammontare del danno si aggirerebbe tra i 100 e i 130 milioni di franchi svizzeri, che tradotti in valuta europea equivalgono a quasi 135 milioni di euro.