È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed è in vigore da ieri (15 gennaio 2023) il decreto concepito dal governo per calmierare i prezzi dei carburanti e basato in generale su una maggiore trasparenza e sul rafforzamento dei poteri di controllo del Garante per la sorveglianza dei prezzi.
Più precisamente il decreto prevede la pubblicazione da parte del ministero delle Imprese e del made in Italy del prezzo medio dei carburanti calcolato su base regionale. Anche se «la frequenza, le modalità e la tempistica delle comunicazioni» vengono rimesse a un successivo decreto da adottare entro fine mese, vale a dire entro 15 giorni dall’entrata in vigore del decreto (avvenuta appunto il 15 gennaio). Da quel momento i gestori dei distributori di carburanti dovranno adeguarsi alle nuove disposizioni nell’arco di 14 giorni.
In realtà, l’obbligo di comunicare il prezzo praticato al ministero, seppure con altra frequenza, già esisteva ed era quello che, stando alle statistiche della Guardia di Finanza, risultava più frequentemente aggirato. Ma proprio per questo adesso si è lavorato sulle sanzioni per i trasgressori, rendendole più pesanti: da 500 a 6.000 euro. E non è tutto, perché per i recidivi – vale a dire per coloro che saranno pizzicati per tre volte a non comunicare il prezzo al ministero – «può essere disposta la sospensione dell’attività per un periodo non inferiore a sette giorni e non superiore a 90 giorni». A verificare la trasgressione provvederà la Guardia di Finanza, mentre la competenza a sanzionare è affidata al Prefetto. Si era parlato di un tetto massimo dei prezzi in autostrada, ma nella versione definitiva del decreto a questo aspetto non si fa menzione.
Il decreto puntualizza poi che il 50% delle sanzioni amministrative comminate sarà versata nel bilancio dello Stato e riassegnata al ministero delle Imprese «per essere destinata all’implementazione dell’infrastruttura informatica e telematica per la rilevazione dei prezzi dei carburanti» e «a iniziative in favore dei consumatori volte a favorire la trasparenza dei prezzi».
L’accisa che si abbassa se sale il prezzo del petrolio
La vera novità del decreto, quella che segna una sorta di retromarcia parziale del governo in tema di imposizione fiscale sui carburanti, riguarda l’accisa mobile. Il decreto, al riguardo, prevede che, laddove il prezzo del petrolio dovesse lievitare, incrementando così la quota di prezzo riferita a fattori industriali e commerciali, ma di fatto facendo aumentare parallelamente anche la parte di gettito Iva che lo Stato va a incamerare, si può utilizzare questo «di più» per calmierare l’altra voce fiscale, quella riferita all’accisa, in modo da contenere l’aumento di prezzo finale.
Non si tratta in realtà di una novità: il meccanismo della cosiddetta «accisa mobile» venne introdotta per la prima volta nella Finanziaria del 2008, quando il prezzo del petrolio raggiunse livelli record (a luglio superò i 140 dollari al barile) e a capo del ministero dello Sviluppo Economico c’era Pier Luigi Bersani.
Rispetto all’applicazione pratica della nuova misura il decreto non entra nel dettaglio, limitandosi a spiegare che il taglio dell’accisa «può essere adottato se il prezzo aumenta, sulla media del precedente bimestre, rispetto al valore di riferimento, espresso in euro, indicato nell’ultimo Def». Ma si aggiunge pure che si prenderanno in considerazione anche eventuali diminuzioni del prezzo rispetto alla media del quadrimestre precedente.
Mister Prezzi e la Commissione per verificare speculazioni
Altro elemento di novità riguarda il potenziamento delle competenze del Garante per la sorveglianza dei prezzi, detto anche Mister Prezzi, chiamato a lavorare insieme a una Commissione di allerta rapida di sorveglianza dei prezzi, composta a titolo gratuito da rappresentanti di imprese e associazioni di categoria e di Autorità indipendenti competenti per settore, tre esponenti delle associazioni dei consumatori e uno delle Regioni e province autonome. Sarà il Garante a convocare tale Commissione allo scopo di «coordinare l’attivazione degli strumenti di monitoraggio necessari all’individuazione delle ragioni dell’anomala dinamica dei prezzi sulla filiera di mercato». Se poi dall’attività della Commissione emerga la presenza sul mercato di fenomeni speculativi, a quel punto il Garante informa il ministero delle Imprese affinché tramite il governo adotti «misure correttive o di ogni altra iniziativa ritenuta opportuna».
I buoni carburante esentasse (per azienda e lavoratore) fino a 200 euro
Un ultimo aspetto contenuto nel decreto che può creare interesse riguarda la possibilità per il datore di lavoro privato di erogare buoni carburante ai lavoratori che, se non superano i 200 euro, non concorrono alla formazione del reddito del lavoratore.
In pratica da una parte il lavoratore – necessariamente dipendente dell’impresa – ottiene un buono sul quale non versa imposte, ma d’altro canto anche per il suo datore di lavoro il costo connesso all’acquisto dei buoni carburante è integralmente deducibile dal reddito d’impresa ai sensi dell’art. 95 TUIR.
In alternativa esiste un bonus di 60 euro concesso dallo Stato e che il lavoratore deve spendere per sottoscrivere un abbonamento per il trasporto pubblico locale e ferroviario, ma è destinato soltanto a persone con redditi inferiori a 20mila euro.
Congelato fino all’incontro con il governo lo sciopero del 25-26 gennaio
Le associazioni dei gestori delle aree di distribuzione carburante non hanno reagito in modo positivo. Dopo che venerdì scorso avevano congelato lo sciopero proclamato per il 25 e il 26 gennaio dopo il colloquio con il governo, adesso si concentrano su alcuni distinguo. Accettano di buon grado, infatti, la disposizione relativa all’accisa mobile, mentre si dicono abbastanza critici rispetto alle norme sulla trasparenza. E più in particolare giudicano eccessive le sanzioni fino a 6.000 euro introdotte per i trasgressori. In ogni caso domani 17 gennaio ci sarà un nuovo incontro con il governo e si capirà se lo sciopero sarà confermato o meno.
fonte: uomini e trasporti