La logistica italiana, che grazie al lockdown è uscita dal cono d’ombra nel quale è stata ingiustamente relegata per anni, dimostrando di svolgere un ruolo cruciale per la tenuta del Paese e che avrebbe bisogno di una visione strategica che punti ad elevare la competitività del settore, per il momento non è presente nei progetti allegati per l’impiego dei circa 209 miliardi tra prestiti e fondo perduto in arrivo dal Recovery Fund. È quanto emerge dai lavori del Think Tank della Logistica (Ttl) che raggruppa più di 70 stakholder, tra rappresentanti del mondo imprenditoriale e scientifico che hanno aderito al progetto promosso da Ebilog (ente bilaterale del settore) e coordinato dal Freight Leaders Council. In particolare, gli esperti chiedono strategie definite per aumentare la capacità del sistema della logistica italiana, per stabilizzare la liberalizzazione del mercato, per ampliare le opportunità di business degli operatori, per aumentare il tasso di digitalizzazione e sostenibilità ambientale del settore, due aspetti che peraltro rientrano tra i criteri individuati dall’Europa per il finanziamento dei progetti nell’ambito di Next Generation Eu. Tra le azioni strategiche, anche un piano mirato a elevare la formazione nel settore, che oggi sconta una grave carenza di personale qualificato. Ma se nel piano italiano non ci fosse nulla di tutto questo, per la logistica il Recovery Fund risulterebbe una grande occasione mancata.Va chiarito che parlare di svolta digitale nella logistica significa partire da un dato di fatto: il settore, che contribuisce nel suo insieme a circa il 9% del Pil nazionale, è composto da una miriade sterminata di piccole e talvolta micro realtà imprenditoriali. Delle circa 90mila imprese logistiche italiane invece attive in ogni segmento della supply chain, oltre l’85% ha meno di 5 milioni di fatturato e meno di 10 addetti di media (fonte Confetra). L’ampliamento della sfera di competenza dell’attività logistica, spingerà quest’ultima a gestire un flusso fisico e informativo sempre maggiore, dal quale ricavare i dati necessari alla corretta ottimizzazione del lavoro. E qui entra in gioco la componente decisiva dell’intero processo: le risorse umane. La logistica del futuro sarà una continua interazione dinamica, uno scambio di informazioni bidirezionale, che metterà in connessione tutta la catena logistica. Il logistico 4.0 non potrà prescindere da conoscenze informatiche e digitali, strumenti che svolgeranno un ruolo sempre più centrale. Tutto questo determinerà la necessità di un adeguamento delle competenze dei lavoratori. L’aspetto più importante sarà possedere le skill digitali adeguate al nuovo contesto, che saranno prerequisito necessario per poter svolgere un numero sempre più ampio di mansioni.