È scattato oggi l’embargo ai prodotti petroliferi raffinati russi, che fa seguito al divieto europeo di importare il greggio di Mosca, entrato in vigore il 5 dicembre scorso come sanzione per l’attacco all’Ucraina. E il rischio è che questo ‘stop’ possa far salire ancora i prezzi del carburante, a partire dal gasolio, rallentando cosi’ il percorso di rientro dall’inflazione. Si tratta di uno blocco alla benzina, ma soprattutto al diesel made in Russia, Paese che ha coperto quasi il 50% del fabbisogno di gasolio dell’Unione europea. Il carburante non alimenta solo 16 milioni di auto in Italia, ma anche camion e navi. Su alcune tratte autostradali, denuncia Assoutenti, le ripercussioni sarebbero già evidenti, con il gasolio in modalità servito che sarebbe già tornato a superare i 2,5 euro a litro. Ritorna, inoltre, anche lo spettro della speculazione. Tuttavia, secondo gli esperti, l’Ue si è già mossa per far fronte all’addio di prodotti russi e ha riempito i suoi stock di gasolio, con flussi che hanno raggiunto il massimo dell’ultimo anno. Contemporaneamente, l’Ue sta facendo scorte da Medio Oriente e Asia, a cominciare dalla Cina. E questi partner continueranno a rifornirci anche in futuro, provando a rispondere alla crescente domanda con la creazione di nuove raffinerie. Allora dov’e’ il problema? Intanto, mentre gli altri Paesi si attrezzano per soddisfare l’Ue, a un certo punto le scorte potrebbero scarseggiare, innescando un aumento dei prezzi dei carburanti. Poi – proseguono gli esperti – c’e’ da considerare che le nuove rotte commerciali saranno più lunghe di quelle seguite finora. E questo farà lievitare i costi di trasporto e di conseguenza quelli alle pompe dei benzinai. Ancora: Mosca non potrà più vendere petrolio all’Europa ma tra i suoi principali fornitori c’è la Cina. E il petrolio russo rischia di uscire dalla porta dell’Europa per rientrarci dalla finestra, sotto forma di prodotto raffinato cinese.
Fonte AGI (Agenzia Italia)