La Commissione Europea ha messo sotto la lente di ingrandimento il pacchetto mobilità varato lo scorso anno dopo anni di discussione, esaminando in modo particolare due provvedimenti: l’obbligo dei veicoli a tornare nel Paese dove ha sede l’azienda di autotrasporto ogni otto settimane e le modifiche al cabotaggio nazionale nell’ambito del trasporto combinato strada-rotaia. Questi due provvedimenti furono approvati dal Parlamento Europeo, ma non facevano parte della proposta originale presentata dalla Commissione Europea. E come tutti sanno furono queste due decisioni a provocare le critiche dei Paesi (est europeo soprattutto) che si erano opposti all’approvazione del Primo Pacchetto Mobilità. La stessa Commissione Europea durante la lunga e tormentata fase di approvazione del Primo Pacchetto Mobilità aveva espresso dubbi sulla compatibilità di questi due provvedimenti con la politica ambientale espressa dal Green. La verifica della Commissione si è concentrata sull’impatto dei provvedimenti sull’ambiente e sulle variazioni climatiche. Bruxelles ha commissionate la ricerca a esperti esterni e a metà febbraio ne ha diffuso i risultati. Sull’obbligo di rientro in sede dei veicoli industriali, la ricerca giunge alla conclusione che potrebbe causare un aumento delle emissioni inquinanti causate dall’autotrasporto. I ricercatori hanno valutato tre diversi scenari, con incremento della CO2 dallo 0,8% al 4,6% nell’autotrasporto internazionale fin dal 2023, con una produzione di CO2 che può raggiungere i 2,9 milioni di tonnellate. Riguardo invece alle quote di cabotaggio stabiliti per le attività di trasporto combinato internazionale, la ricerca della Commissione Europea stima che questo provvedimento potrebbe produrre 397mila tonnellate di CO2, ma anche effetti negativi a lungo termine sul trasporto ferroviario. I due provvedimenti potrebbero produrre fino a 3,3 milioni di tonnellate di CO2 in più ogni anno, ma anche fino a 704 tonnellate di Nox e 251 tonnellate di PM 2,5.