Saranno i passaggi di merci e persone ai valichi alpini il “tallone” d’Achille del trasporto e delle infrastrutture nell’area del NordOvest, a cominciare da Piemonte e Valle d’Aosta. La prospettiva di lunghe chiusure periodiche del tunnel del Monte Bianco per realizzare gli interventi di manutenzione straordinaria, i lavori in corso al Colle del Tenda e la prossima conclusione di esperienze come l’Autostrada viaggiante tra Novara e Friburgo rischiano di creare colli di bottiglia e difficoltà alla frontiera per il trasporto di merci e anche per il transito delle persone. Una congiuntura difficile che si aggiunge ai ritardi nella realizzazione delle principali infrastrutture del Piemonte – certificati dall’Osservatorio Oti in capo a Confindustria e Unioncamere – e che rischiano di aprire una fase difficile. Sul fronte dei trasporti, il tema dell’attraversamento delle Alpi è di grande rilevanza – spiega Oliviero Baccelli, docente in Bocconi e vicedirettore del Certet – perché il numero di valichi resta lo stesso, non ci sono alternative, neanche stagionali, dunque qualsiasi fattore può creare colli di bottiglia». La prima prova per il sistema dei trasporti lungo la direttrice verso la Francia arriverà il 4 settembre prossimo con la prima chiusura di lungo periodo per il Monte Bianco: il tunnel resterà chiuso fino al 18 dicembre per 15 settimane consecutive per l’avvio dei lavori di rifacimento della volta della galleria, che ha sulle spalle sessant’anni di vita e va incontro ad un piano di riqualificazione pesante, con chiusure per quattro mesi all’anno fino al 2040 e ripercussioni sulle altre infrastrutture a iniziare dal Tunnel del Frejus. Nel 2021 sono stati 600mila i mezzi pesanti che hanno utilizzato il Monte Bianco, un dato in calo nel 2022 (561mila) per le chiusure programmate dell’anno scorso. Si tratta di una mole di traffico che dovrà scegliere vie alternative e in parte usufruire del Frejus che ha già all’attivo oltre 900mila passaggi di camion l’anno scorso, un risultato record, in crescita dell’8% sull’anno prima, di fatto già condizionato dai problemi al Monte Bianco. «Il calo del 2022 è legato alle chiusure periodiche dell’anno scorso – spiega Giancarlo Bertalero esperto di trasporti – il fatto è che l’unica alternativa al Bianco, il Gran San Bernardo, si scontra con le politiche svizzere di limitazione al traffico pesante e sconta il fatto di essere lungo una direttrice di traffico diversa dal Bianco, parzialmente intercettata dal Frejus». Il dibattito sulla necessità di realizzare una seconda canna di fatto si è imposto da qualche mese, il ministro dei Trasporti Matteo Salvini si è preso l’impegno di inserire il tema nell’ambito del confronto bilaterale con la Francia, le associazioni datoriali e il mondo economico sostengono la necessità dell’opera ma l’opposizione degli amministratori locali francesi non aiuta. La Svizzera dal canto suo ha investito e continua a investire sul trasporto merci su treno ma sta contemporaneamente raddoppiando il tunnel autostradale del Gottardo, stessa cosa si sta facendo in Piemonte con il Frejus, che inaugurerà in autunno. «Avere tunnel autostradali con due corsie monodirezionali – spiega Baccelli – eleva gli standard di sicurezza, questa è la prima questione, ma serve ad avere un traffico più fluido e un sistema più resiliente rispetto a problemi e imprevisti». Il Monte Bianco dunque, è destinato a rimanere l’unico valico stradale transalpino di una certa importanza a canna unica. «Per questo serve una riflessione importante per sposare l’ipotesi del raddoppio» aggiunge. Sul fronte della logistica e del trasporto merci, fa notare Baccelli, alcune esperienze sono quasi al capolinea: «La Svizzera sostiene e sussidia il trasporto merci su ferro per ridurre l’impatto dei veicoli pesanti su strada ma esperienze come l’Autostrada viaggiante tra Novara e Friburgo, ad esempio, è quasi arrivata a “fine vita” rispetto al materiale rotabile, già oggi è un servizio molto costoso che fa leva su pesanti incentivi del Governo svizzero e che è destinato a concludersi nell’arco di due-tre anni». Discorso simile sarà a breve necessario anche per l’esperienza dell’Afa, Autostrada ferroviaria alpina, tra Torino e Aiton, in Francia. Il tema dunque non sono soltanto i collegamenti stradali e il fabbisogno di servizi su ferro, ma anche il fatto che queste alternative ferroviarie per l’area NordOvest – che sconta già una quota bassa di merci su treno rispetto alla strada – stanno diventando più fragili e richiederanno nuove risposte e soluzioni a breve. «La realizzazione delle infrastrutture previste nei prossimi dieci anni si può tradurre in un impatto stimato pari a oltre 20 miliardi solo di lavori, cui si aggiungono i benefici indiretti legati alla competitività delle nostre imprese, a cominciare dall’export» sottolinea il presidente degli industriali del Piemonte, Marco Gay. «Serve massima attenzione sui tempi, come sosteniamo insieme ai colleghi di Confindustria Liguria e Valle d’Aosta, perché gli effetti del non fare, sono molto maggiori e più duraturi anche in termini di attrattività. Vale per lo stop al traforo del Monte Bianco così come i ritardi per molte altre opere che non sono purtroppo ancora partite».